Storia di una mamma, di ragadi, e dolore non ascoltato

Oggi ospito una mamma che molto generosamente ha accettato di condividere con te la sua storia, che purtroppo è tipica e rispecchia quella di tante altre mamme.

Perché ho scelto la sua storia? Perché è emblematica. È l’esempio tipico di quanto spesso le mamme incontrino difficoltà nel ricevere aiuto corretto, tempestivo e competente, e di come questo possa essere un danno per loro e per i loro bambini. Ma anche, di come l’insistenza e il non arrendersi faccia la differenza. Ma leggiamo cosa ci racconta questa mamma:

Mi chiamo Natacha e sono la mamma di un bimbo di quasi 21 mesi. Volevo raccontare la mia esperienza perché possa essere d’aiuto a tutte le mamme che si trovano in difficoltà con il loro allattamento e non sanno da che parte girarsi, in quei momenti nei quali il dolore la fa da padrone e il senso di colpa ci fa mancare il fiato! (nota di Martina: prossimamente tratterò del senso di colpa, questo caro amico delle mamme di cui sarebbe meglio liberarsi…)

Il mio bimbo è nato a termine, un bel maschietto di 3,680kg per 53cm. I giorni trascorrono sereni in ospedale, fino al giorno prima delle dimissioni. Noto che Elia ha gli occhi gialli, un po’ preoccupata lo porto al nido per farlo vedere, e la diagnosi è ittero. Niente di preoccupante -mi dicono-, va tenuto in osservazione e deve fare fototerapia. In pediatria passiamo due giorni molto brutti, tutti insistono affinché io alimenti il bimbo con latte artificiale perché secondo loro, non ne ho abbastanza; stanca e triste tengo sempre attaccato al seno il mio fagottino, che più che ha bisogno della mamma!!! Ci dimettono e torniamo a casa, che odissea!!! Questo bimbo piange sempre e non dorme mai! Sono stanca, i punti tirano e mio marito sta via tutto il giorno. La mancanza di sonno mi mette a dura prova ma la cosa che mi dà la mazzata finale è un’altra. Tre giorni dopo la dimissione torniamo in ospedale per la visita di controllo, qui lo pesano e il mio cucciolo ha messo su solo 17gr!!!! L’ostetrica controlla l’attacco, che secondo lei è corretto, ma sentenzia che non c’è latte perciò dovrei integrare!!! Me ne infischio di quello che dice! So che è quasi impossibile non avere latte, so che il bimbo va attaccato per produrne ma non mi spiego le ragadi sanguinanti che non mi danno tregua. Trascorrono le settimane e porto al controllo dalla pediatra il mio bimbo. Stessa storia. Il bimbo non cresce! Sono triste e mi sento inadeguata! Cambio pediatra perché nonostante quella che avevo si dicesse competente in allattamento, mi rendo conto da sola che non mi sta aiutando in nessun modo concreto, vuole che lo alimenti con formula e stop, la faccenda per lei si chiude lì. I mesi passano e non riesco a trovare un pediatra affine alle mie esigenze e al mio grande desiderio di allattare. Nonostante frequenti anche il consultorio della mia zona, raccomandatomi dallo stesso ospedale dove ho partorito, quindi con delle ostetriche attente e desiderose di aiutare le mamme in difficoltà con l’allattamento, la situazione resta invariata, secondo tutti il bimbo si attacca bene, la suzione secondo il loro vedere è efficace ma il piccolo con il solo seno non mette peso! Il mio bimbo lo hanno visto 3 pediatri diversi e 5 ostetriche, perché ho bussato a tante porte e mi sono rivolta a molte delle figure che per me potevano e dicevano di essere delle esperte in allattamento e nessuna di loro è riuscita a capire quale fosse il problema. Nel frattempo continuo a tirare il latte e a darglielo in aggiunta, la bilancia sale ma come tolgo l’aggiunta di latte materno tutto torna a precipitare! Convivo con le ragadi giorno e notte, e il dolore mi porta tante volte a pensare che forse l’allattamento non è una cosa per me, che io per quanto lottassi non sarei riuscita ad alimentare mio figlio tramite il calore del mio seno. Ricordo con un velo di amarezza le diverse giustificazioni dei medici e delle ostetriche: “signora lei è stressata”, “signora sono i suoi ormoni”, “signora può capitare che il latte non sia buono”, “signora dia da mangiare a questa creatura con latte artificiale perché è evidente che lei gli fa fare la fame col solo seno”, l’elenco è ancora lungo ma troppo triste per continuare a raccontare.

 

Io spero di cuore che tu non abbia avuto le ragadi per mesi come questa povera mamma, e anzi ti auguro di non averle neanche per pochi giorni, perché sono veramente una brutta esperienza, ma cerchiamo di tirar fuori del buono da questa storia.

Insomma dopo un racconto che ripercorre settimane e settimane, cosa apprendo? Che la povera Natacha ha ancora le ragadi! E chi le dice che ha poco latte, chi che l’attacco però va bene, chi le dice che deve integrare, nessuno però che si chiede come mai lei abbia ancora dolore alle poppate?

Può essere che sia normale allattare con questo strazio per mesi? Madre Natura non è così incauta! Non ha previsto che per allattare tu debba soffrire le pene dell’inferno, anzi sappiamo che col dolore si interferisce nel processo! 

Quando impareremo ad ascoltare con rispetto ed attenzione le mamme?

Una mamma che piange per il dolore DEVE ESSERE ASCOLTATA! Deve essere valutata una poppata con molta molta attenzione. E se io non riesco a capire cosa c’è che non va devo ammettere i miei limiti (tutti ne abbiamo e non è niente di cui vergognarsi) e cercare un collega più esperto di me!

Stress, ormoni, “succede”… e quindi? Se lo deve tenere? Il dolore non è mai un accessorio in dotazione delle poppate, non è mai un incidente da sopportare stoicamente. È sempre il segnale che il corpo ci manda e ci dice “ehi, guarda un po’ qui, c’è qualcosa che non va”. Prova a pensare se stamattina ti svegliassi con un dolore a una spalla, e poi non ti passa, ti perseguita per ore e per giorni. Se vai dal medico e ti dice “eh va beh signora, succede, che vuole farci, prima o poi passerà da solo, lei sicuramente è un po’ nervosa ‘sti giorni”, tu che fai, che idea hai di quel medico? Ti tieni il dolore e fai finta di niente? Perché mai il seno dovrebbe fare eccezione?

Non hai idea di quante mamme vedo ogni mese che magari erano indecise o recalcitranti a farsi vedere, “perché mi hanno già guardato una poppata e mi hanno detto che è tutto a posto”. Poi vengono qui in ambulatorio, e per me invece non va per niente bene. Valutare una poppata e un allattamento è un compito molto complesso e che richiede non solo molto studio ma anche molta pratica clinica. Nessuno di noi è infallibile, e anche al professionista più scrupoloso può sfuggire qualcosa o può non essere al corrente di un problema particolare, non aver mai visto una certa situazione, non aver fatto un aggiornamento su un aspetto. Ma il punto è che se ascolta con cura e attenzione la mamma, sa che il limite è il suo e non della mamma e non la tratta da esagerata o con condiscendenza.

Allora, se senti dolore, non te lo tenere! Non ti fidare di chi ti dice che è normale. Non lo è per niente. Quel dolore ha una spiegazione e tu meriti di trovare qualcuno in grado di dartela e far diventare l’allattamento quello che dovrebbe essere per tutte, fin dall’inizio: semplice, piacevole, facile, confortante.  Se non lo è, o non lo è ancora, chiama subito una IBCLC. Prima intervieni, prima risolvi, ed eviti complicazioni.

Ma questa storia ha fortunatamente un lieto fine, perché se e quando finalmente la mamma incontra la persona giusta le difficoltà si risolvono. Questo merita ulteriori riflessioni, così te lo racconto in un secondo articolo.

Per non perderlo, se ancora non sei iscritta alla newsletter, metti nome e mail nel form qui a destra… e se l’articolo ti è stato utile metti il Mi piace e vieni a raccontare la tua storia sulla mia Pagina di Facebook

 


Both comments and pings are currently closed.

Comments are closed.

Powered by WordPress

Facebook

Get the Facebook Likebox Slider Pro for WordPress