Perché dovresti evitare di dire che “tutte le mamme hanno il latte”

Una frase che circola spesso tra molte persone che in genere in buona fede cercano di aiutare o incoraggiare le mamme ad allattare è “tutte le mamme hanno il latte”, o “tutte le donne possono allattare”.
Davanti a queste frasi in genere si scatena l’inferno. E’ molto frequente infatti che a questa affermazione si scatenino reazioni “di pancia” molto forti, e che si scaldino gli animi, sia tra chi ha dichiarato che allattare è per tutte, sia tra chi sostiene il contrario.
Questo accade perché è molto probabile – visti i drammatici tassi di abbandono più o meno precoce dell’allattamento – trovarsi davanti una o più donne che non sono riuscite ad allattare, e ancora ne soffrono. O altre che hanno smesso convinte da amici, parenti, medici, articoli vari, e hanno cercato di farsene faticosamente una ragione.

Allora oggi vorrei spiegarti perché questa frase non è opportuna oltre che falsa.

Tieni presente che in genere mi sento in difficoltà a fare discorsi “generali” su questi temi, perché quando si toccano i sentimenti delle persone, io non penso a “le mamme” o “le donne”, ma penso a Maria, Francesca, Paola, Elisa, Anna, o … (qui metti il tuo nome), e a tante altre mamme che ho incontrato in venti e passa anni. O a tante altre che non ho conosciuto di persona ma di cui  ho saputo cosa è successo quando hanno allattato – o cercato di farlo – e come hanno reagito: me lo raccontano quasi quotidianamente le mie colleghe, o le loro sorelle, cugine, amiche, i social, i blog, ecc.

Siamo tutte persone diverse con personali diversità e preziose differenze, e quando si generalizza dobbiamo comunque sempre tenere presente la nostra preziosa individualità in un angolino della mente. Sia quando per una buona parte delle mie giornate parlo con le singole mamme,  sia quando sono davanti a un gruppo o una platea più numerosa, questo non lo dimentico mai e penso che nessuno dovrebbe mai dimenticarlo.

Tieni anche presente che visto il lavoro che faccio, non credo sia necessario che io ribadisca che per me sostenere l’allattamento è una priorità fondamentale per le donne, per i bambini, per le famiglie, per la società tutta.

Fatta queste premesse, ora vorrei provare a farti immaginare come si può sentire una di quelle mamme che non è riuscita ad allattare a sentirsi dire questa frase.
Se poi tu non sei riuscita ad allattare o hai smesso presto, non devi fare alcun esercizio empatico perché lo sai purtroppo molto bene.

La stragrande maggioranza delle donne in Italia (più dell’80% secondo l’ultimo censimento ISTAT) dichiara che desidera/desiderava allattare, ma poi succede qualcosa: difficoltà al parto o immediato post parto, ostacoli in ospedale, mancanza di aiuto concreto e tempestivo, isolamento e inesperienza, cultura e cerchia familiare non incoraggianti, marketing aggressivo, operatori della salute non aggiornati… tutto questo e non solo rende l’allattamento una corsa ad ostacoli dove molte mamme e bambini cadono strada facendo. E nel cadere, si formano cicatrici emotive, e si gettano tante lacrime. Anzi, spesso neanche ci si può permettere di piangere, davanti a muri di commenti poco empatici come “siamo venuti tutti su benissimo anche con il latte artificiale” o “ma che ti importa, così lasci il biberon a qualcuno e vai a farti una passeggiata”.

La mamma che non sa come uscire da una situazione in cui c’è l’impellenza di far mangiare il bambino, crede di non aver molto da scegliere: deve smettere parzialmente o del tutto.

Trovare o ritrovare un equilibrio può essere faticoso, doloroso, estraniante.

Ed ecco che arriva qualcuno che, rivolto a lei o a un’altra mamma accanto a lei, se ne esce con il “ma no, non è vero che ci siano mamme con poco/niente latte!!!” (I tre punti esclamativi non mi avanzavano, indicano l’enfasi con cui la frase viene detta o scritta).

Non voglio parlare qui della buona fede di chi scrive queste frasi… sono abbastanza certa di essa, ma come dice il proverbio, la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.  Se qualcuno mi colpisce allo stomaco per errore, non mi risparmia però il danno e il dolore.

Come minimo la mamma, che è a un certo punto della sua elaborazione del lutto (perché il fallimento dell’allattamento per lei è un lutto, piccolo o grande a seconda di come lo ha vissuto lei),  si sente incompresa, giudicata, e la interpreta più o meno come “guarda che non ti sei informata bene – si vede che non ci tenevi per davvero – non eri abbastanza tenace/convinta/motivata – ecc ecc”.

Magari però lei – quel qualcuno non lo sa probabilmente, e non si è premurato di chiederlo prima -, si è sbattuta a destra e manca per cercare qualcuno che le dicesse cosa succedeva, o ha comperato rimedi pseudomiracolosi di tutti i tipi nel tentativo di far aumentare quel benedetto latte, e chissà cos’altro… e sentirsi dire di non “aver insistito abbastanza” ha tutte le ragioni per sentirlo suonare come un insulto.

Ma tu (o chi le ha detto quelle frasi) hai davvero tutte le informazioni e hai dedicato tempo, empatia ed attenzione a quell’essere umano che hai davanti o è di fronte a te sotto forma di un nick e un post (ah, i mali del web, nato per ottime intenzioni ma diventato la pubblica gogna…), per sapere che cosa scatenerà in quella persona quella frase?

Dire “tutte le donne hanno il latte” senza un “lavoro intorno”, diventa un muro tra chi lo dice e chi lo riceve. La mamma che non ha allattato o che sta faticosamente tentando di salvare il suo allattamento, come può essere aiutata da questa “diagnosi” netta e tranciante, indiscriminata, che non prende in considerazione la situazione, i dettagli, il momento in cui si trova , e i suoi sentimenti, i suoi desideri, la sua delusione, rabbia, incredulità…?

E se pure fosse vero che a quella donna allattare non interessa tanto quanto interessa a te e a me, se lei alla fine non è così convinta che faccia una differenza, o se ha addirittura remore o resistenze a farlo, chi siamo io o te per giudicarla? Cosa sappiamo della sua vita, della sua storia, delle sue credenze, priorità, aspettative, ferite, delusioni, dubbi? Chi ci dà il diritto di considerarci migliori di lei, tanto da dire cosa dovrebbe provare, come dovrebbe sentirsi, cosa dovrebbe fare e perché?

Ecco quindi che dire in modo così lapidario “tutte le mamme hanno il latte” in genere è totalmente inutile se non controproducente. Chiude la comunicazione, fa emergere la mancanza di empatia, e impedisce di far passare il resto, quello che davvero serve sapere alla mamma se davvero la vogliamo aiutare, se desidera essere aiutata, o se non lo desidera.

Ma cosa dobbiamo dirle allora?

Non è facile sintetizzarlo, proprio perché avremo davanti una persona vera e non una generalizzazione. Proverò a dirti le cose più importanti secondo me.

Dobbiamo dirle che nella stragrande maggioranza dei casi i problemi si possono risolvere. Che spesso chi le ha detto che non ha latte non ne ha la competenza, o potrebbe non aver fatto un’analisi veramente accurata, e che c’è poco aggiornamento anche tra gli stessi operatori. E darle magari un riferimento competente a cui incoraggiarla a rivolgersi. Che se lei fosse quel caso raro, le dirà che non è colpa sua, e la aiuterà speriamo a trovare un suo modo per allattare magari parzialmente o non. Ecco cosa serve a quella mamma davvero.E poi magari un po’ di empatia eh, che non guasta mai. Il giudizio non serve a nessuno, la com-passione a tutti, a chi la dà e chi la riceve.

C’è un altro motivo poi per NON dire la frase incriminata e cioè che è non solo opportuna, ma SBAGLIATA. Cioè, non è vero che non esistano mamme che non possono avere latte, o abbastanza latte.

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