Paura e resa: arrendersi senza paura all’intensità delle prime settimane di allattamento

© di Nancy Mohrbacher, IBCLC, FILCA *

 

Molte culture considerano i primi 40 giorni dopo il parto, un momento molto particolare nella vita di una donna. In molti paesi latinoamericani viene definito “la cuarantena(NDR: anche in Italia c’era la quarantena), e negli Stati Uniti veniva chiamato “lying-in period” (NDR:  si può tradurre come “periodo da distesa”, perché la mamma passa tanto tempo sdraiata col bambino): è quando mamma e neonato vengono lasciati insieme, protetti nella loro intimità, mentre gli altri membri della famiglia si occupano dei lavori domestici e si prendono cura dei figli più grandi.

Oggi questo concetto e approccio, che tempo fa rappresentava la chiave dell’avvio dell’allattamento, in qualche modo, è andata perso. Invece di passare le prime settimane riprendendosi dal parto e preoccupandosi solo di tenere attaccato al seno il proprio bambino, le madri d’oggi sentono la pressione sociale di “tornare alla normalità” il prima possibile.

Quest’attitudine relativamente nuova ha messo sottosopra l’allattamento, e senza dubbio contribuisce significativamente al forte calo del numero di bambini alimentati al seno fin dalle prime settimane. A differenza dei tempi passati, oggi molte donne non immaginano che l’allattamento implichi poppate intensive  e a volte continue. Come natura vuole, i neonati usano questa “frenesia alimentare” per stimolare la produzione di latte materno, passando dai 30 ml – sufficienti nel primo giorno di vita – ai 750-1050 ml quotidiani intorno al quarantesimo giorno – periodo in cui la maggior parte delle madri raggiunge la piena produzione di latte.

Se una neomamma non comprende o non si aspetta un allattamento così intensivo nelle prime settimane, potrebbe pensare che ci sia qualcosa che non va, qualcosa di terribilmente sbagliato. Potrebbe avere il timore di non produrre latte a sufficienza o decidere che allattare richiede troppo sforzo. Potrebbe svezzare dal seno o iniziare a dare dei supplementi, senza immaginare quanto avrebbe da guadagnare se solo rispondesse ai segnali del proprio bambino e si abbandonasse all’esperienza.

Lasciandosi andare alla realtà delle prime settimane di allattamento, generalmente, in circa 40 giorni si arriva alla piena produzione di latte. Ma non è tutto: il bambino che prima rimaneva attaccato per mezz’ora, ora potrebbe finire in 15 minuti. Il bambino che faceva 12 poppate al giorno, ora potrebbe farne 8. A lungo andare, l’allattamento naturale richiede meno tempo rispetto a quello artificiale. Le poppate intensive delle prime settimane sono un investimento a lungo termine (NDR: enfasi di Martina).

Le neomamme che abbracciano l’impegno dell’allattamento godono di un’altra ricompensa, spesso inaspettata: la straordinaria esperienza emotiva di sentirsi in sintonia col proprio neonato. Molte la descrivono come la connessione più profonda mai provata, un’esperienza che può influenzare per tutta la vita il proprio modo di esser genitori.  Alcuni studi hanno rivelato che, ad esempio, nel periodo dello svezzamento, le “battaglie della pappa” sono meno comuni nelle famiglie con bambini allattati al seno, poiché le loro mamme hanno imparato a fidarsi di loro e a capire cosa vogliono e quando lo vogliono(1) . La fiducia e la sensibilità favorite dall’allattamento incrementano il legame precoce fra  mamma e bambino, che rappresenta la base nello sviluppo del loro rapporto nei decenni a venire.

Perché molte donne hanno paura di arrendersi all’intensità dei primi giorni di allattamento? Disinformazione e pressione sociale sono due delle cause. Alcuni autori, conosciuti ma fuorvianti, hanno messo in guardia le donne sostenendo che lasciarsi “usare come ciuccio” dai loro figli(2) li fa crescere senza disciplina e a rischio di dipendenze da droga. Professionisti della salute non aggiornati sulla normalità dell’allattamento spesso raccomandano il latte in formula come rimedio per poppate frequenti.  Ma quando, a causa di disinformazione e paura, una donna abbandona o cerca di prendere il controllo dell’allattamento, rinuncia a molto, molto di più.

Una mamma, con cui ho parlato ieri, ha condiviso con me l’infelice odissea delle prime settimane d’allattamento, inclusa l’abitudine di tirarsi il latte, di modo che il suo compagno potesse aiutarla a dar da mangiare al bambino. Lo sforzo in più di dover estrarre il latte l’ha spinta a pensare che l’allattamento fosse troppo complicato, e ha iniziato a utilizzare regolarmente la formula.  Adesso, a 4 mesi, suo figlio è alimentato principalmente con la formula artificiale e lei passa la maggior parte delle giornate con il bimbo, mentre il compagno viaggia per lavoro. Si rammarica di come stiano andando le cose e mi ha chiesto se, in qualche modo, poteva ritornare ad allattare. Le ho spiegato l’andamento normale delle poppate del neonato nei primi giorni di vita e, dopo aver parlato, lei si è accorta di come molte delle sue decisioni le abbiano complicato la vita.  Visto che la nostra conversazione era iniziata col bisogno della donna di semplificare le giornate, essendo sola per la maggior parte del tempo, le ho suggerito di attaccare il bambino al seno più spesso, piuttosto che continuare ad estrarre il latte (cosa che continuava a fare anche se il compagno era lontano); e avendo parlato dell’adattabilità del processo dell’allattamento al seno, l’ho rassicurata che non era troppo tardi. Mi ha detto: “Mi hai fatto realizzare che ho bisogno di rivedere alcune cose”.

Questi momenti di comprensione non solo sono gratificanti, ma sono anche la chiave per recuperare una cultura a sostegno dell’allattamento. Quando riusciamo a fare da antidoto alla paura, alla disinformazione e alla pressione sociale che pesano sulle neomamme, quello è un gran giorno per noi. Sfatando i miti sull’allattamento e raccontandone la realtà, possiamo aiutare molte donne ad arrendersi a questa esperienza e gioire delle ricompense profonde di cui loro stesse e i loro bambini possono godere.

 

* Articolo tradotto con la cortese autorizzazione dell’autrice e collega Nancy Mohrbacher, che ringrazio: http://www.nancymohrbacher.com/blog/2010/10/7/fear-and-surrender.html

traduzione di Elisa De Mon

revisione di Antonella Sagone e Martina Carabetta

photo credits: http://www.parenting.com/blogs/show-and-tell/melanie-parentingcom/does-similac-feeding-app-sabotage-breastfeeding

Note:

1. Farrow, C., & Blissett, J. Breast-feeding, maternal feeding practices and mealtime negativity at one year. Appetite 2006; 46(1):49-56.

2. vedere sull’argomento, sempre di N. Mohrbacher: http://www.nancymohrbacher.com/blog/2015/8/21/what-does-it-mean-to-use-your-breast-as-a-pacifier


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